Io e ‘Migrazioni’. (1)

Sono inquietanti i toni del dibattito sulla questione ‘migranti’, è inquietante come ancora una volta si proceda per ‘ideologie’, senza un minimo di realismo, di pensiero critico, di contestualizzazione e di sforzo per un approccio laico agli accadimenti. C’è chi teorizza già complotti contro le ong, chi invece le benedice, chi tutti chi nessuno, chi tutto chi nulla ma la questione resta comunque ferma in quel tratto di mare, senza un prima e senza un dopo, in quello stramaledetto tratto di mare in cui sembra che tutto si compia, l’inizio e la fine, dove dei ‘personaggi’ bardati per l’occasione recitano l’antica tragedia della vita e della morte, del male contro il bene, del diavolo e della mano santa. Facile, troppo facile e anche vergognosamente deresponsabilizzante, gioco retorico, esercizio di stile sulla pelle altrui buono per coscienze sudice e per nostalgici della certezza di essere comunque i Migliori. Sono profondamente a disagio.

Urge, a mio parere, fare il punto cognitivo sul termine ‘umanitario’. Urge perchè lo si confonde spesso con ‘salvifico’ e non a caso essendo noi pervasi da una cultura che non ha mai voluto lasciare la dimensione del gregge accontentandosi del ‘buon’pastore qualunque esso sia. Umanitario è un atto che tiene conto della dignità e della dimensione personale, del contesto e del prima e del dopo senza limitarsi all’emozione del durante. Permettere che si continui a trafficare in esseri umani, addirittura favorendone il traffico, non è salvare, è promettere una salvazione in cambio della dignità di quelle persone, e non c’è nulla di ‘umanitario’ in questo, c’è molto di arrogante, di quello si.

Roberta Anguillesi