Il nuovo presidente degli Usa è un ricco, grottesco e privo di ogni carisma, eppure fa tanta paura. Ma è lui a fare paura o è la paura che lo la insediato li, ai vertici del mondo, che dobbiamo temere? Tendo alla seconda.
Se in una notte buia tempestosa ci si trova nel mezzo di una foresta sconosciuta, tra sinistri fruscii e la terra pare scricchiolarci sotto i piedi, si ha paura. L’essere umano fisiologicamente in tale situazione subisce, diciamo, tutta la sua amigdala e si alza l’adrenalina, si aguzza la vista e l’udito, il corpo si prepara, senza ratio, alla fuga.
Trump è è la corsa a troncamacchia per fuggire da noi stessi, da ciò che abbiamo inventato, vissuto, creduto, dalla certezza di avere comunque l’interruttore per accendere la luce anche nella foresta più nera e grande e sconosciuta, in pratica la fuga dalla cognizione, ormai improcrastinabile, della grandezza incontrollabile del mondo, l’horror vacui, il panico.
Ecco, il panico. Trump è un enorme e spettinata rappresentazione di un attacco di panico collettivo. E per una volta anche io mi affido al mito, e se come si narra Pan salvò Psiche, allora forse questo che pare un suicidio della ragione forse potrà essere l’inizio di una nuova consapevolezza.
Allora, non mi fa paura Trump, un pò schifo di sicuro, ma confido ancora una volta nella ragione, perchè quella m’è data e di mostri che paion calati e mai generati, ne ho piene le tasche.
Roberta Anguillesi