Dal 1990, e dico 1990 per far numero pari, in questo paese siamo chiamati, con cadenza direi lunare, a dividerci tra un si o un no. Il motivo per me è palese e siccome ho l’autostima alta stamani, direi che lo è stato da subito : non avendo capacità nè volontà di ridefinire nel merito e nel senso profondo la politica italiana ci siamo affidati a scelte che, di volta in volta, ridefinissero formalmente una appartenenza o un identità meta-politica, che promettesse salvazioni o comunque soluzioni senza scalfire o comunque edificare una progettualità ideale, progettuale, tale da pretendere le due cose che in Italia sono viste come la peste nera: responsabilità individuale e collettiva e chiudere i conti con il passato. E’dal 1990 ( numero pari) che ci dividiamo sul ‘mezzo’ pur di non affrontare in modo razionale il merito, e il merito è la nostra storia politica pregressa che è stata viziata, fin dal primo vagito repubblicano e nonostante la strenua resistenza di pochi e inascoltati lungirmiranti, dalla morsa ideologica confusa e furbastra, che ha permesso tutto e tutto ha impedito e controllato. E ora io, dovrei riprestarmi all’ulteriore aleatoria ridefinizione di un paese che ormai non può più rendere conto solo a se stesso ma è chiamato a ‘essere’ e a ‘scegliere’ e a ‘decidersi’ perchè deve anche raccontarsi, spendersi, diventare comprensibile in un mondo sempre più immensamente piccolo? non ci penso proprio, per cui a questa ennesima (come alle precedenti) conta, a questo ennesimo goffo mutamento d’abito io dico no, e senza fare tanto casino e senza temere attentati alla democrazia o svolte autoritarie o tanto meno salvazioni o soluzioni miracolose, ma il mio è solo un no all’ennesimo domanda sbagliata.