Terremoto2

Ho qui, proprio appostata tra il palato e la lingua e preme e preme direttamente dall’esofago, una invettiva furiosa su questa giostra del lutto, questa fierucolona della celebrazione artificiosa, artificiosamente collettiva. Ma serro le labbra, taccio, non parlo, mi cheto, mi ammutolisco da sola. Poi quando avrò capito, o almeno tentato una ipotesi sul perchè di questo rito infinito in cui si perde il senso della pietas, del lutto, delle proporzioni e della condivisione, allora e solo allora, se avverrà, allora aprirò bocca, e non ho idea di cosa potrà sortirne, mi terrò io stessa a distanza di sicurezza.