E’evidente che abbiamo un problema grosso con ‘quello che si mangia’. E’, ovviamente e se si usa la ragione e non la suggestione, un non problema che deve però presentarsi come tale per attirare l’attenzione su ciò che ‘ci mantiene vivi’, dal momento che troppo complesso sarebbe chiedersi cosa e come e quanto e perchè e con quale diritto lo si sia, vivi, in un mondo che, abbiamo deciso, non potrà più sorprenderci, nè, tantomeno, toglierci la vita. Tutto questo segone per dire che, sostanzialmente, sottrarre cibo e aggiungere significati a tale sottrazione è una trovatina che non mi appassiona, una perdita di tempo, un ulteriore rinvio, una ouverture mediocre mentre s’aspetta che cominci l’opera eccelsa in cui qualcuno finalmente ci assicuri l’immortalità ma proprio in terra, perchè quella nei cieli è piena di vergini in attesa e dei sempre più incredibili e sfuggenti. Io esco dal teatro, c’ho un sacco e una sporta di cose da fare, e sinceramente d’essere immortale non me ne importa nulla…anzi.