Quando morì Cossiga, 17 agosto 2010, assistemmo alle esequie più veloci della storia, l’elaborazione del lutto contenuta in un titolo di spalla, sepoltura e oblio nello spazio di un mattino.
Cossiga, la faccia brutta della dc, che si fede giullare grottesco e pauroso, che si era fatto personaggio, torvo e inquietante, il pazzo, la faccia vera della democraziacristiana, la maschera che rivela.
Oggi è morto Andreotti. Il divo, colui che era, Lucifero a mezz’aria, tra il cielo e gli inferi, ammirato, amato, necessario per mantenere a mezz’aria un paese che doveva restare immoto, sospeso tra bene e male, senza soluzione, senza precipitare o spiccare il volo.
Andreotti era l’incarnazione di questa sospensione, stava li, mezzo angelo e mezzo diavolo, maledetto e poi rimpianto, ammirato e maledetto, inarrivabile e invidiato per quell’equilibrismo che garantiva tutti, che esimeva questo paese dal diventare un paese reale, nel bene e nel male, che consolava e rassicurava, rappresentando impassibile tutto il male e tutto il bene; lì appeso, a mezz’aria e noi con lui, grati e ammirati, comunque grati.
Andreotti di certo è morto in pace, il giusto riposo di chi sa di aver compiuto la sua missione, e sa di lasciarci li, appesi, in quel limbo che lui ha creato, voluto e preservato, impassibile e feroce.
Neppure il funerale di stato ha voluto, nessun rito, nessuna elaborazione, nessuna rimozione, questo Stato è lui e saranno esequie lunghe queste.